Il costo di parlare a tutti

Lo spunto di questo post mi viene da una comnversazione molto interessante che ho avuto ieri riguardo alla comunicazione inclusiva. L'idea di muoversi verso una comunicazione definita "inclusiva" è un'aspirazione nobile, spesso guidata dalla migliore delle intenzioni: espandere orizzonti di mercato, toccare corde sociali più ampie e, soprattutto, assicurarsi che nessun potenziale cliente si senta escluso. Questo desiderio di apertura è lodevole, ma l'osservazione clinica del mercato e l'analisi dei sistemi aziendali rivelano un pattern scomodo: quando l'obiettivo diventa quello di includere ogni voce, il messaggio rischia di diventare così diluito e generale da perdere ogni forza di risonanza. L'efficacia, il vero metro di misura nel business, si disperde e questo approccio, apparentemente progressista, può risultare meno produttivo e talvolta più dannoso di una strategia tradizionale focalizzata.
È qui che risiede la confusione di fondo, che non è di natura etica, ma puramente strutturale. L'errore strategico è confondere l'uguaglianza con l'equità . L'uguaglianza, in comunicazione, significa dare lo stesso identico messaggio a tutte le persone, indipendentemente dal loro contesto o dalla loro storia. L'equità , al contrario, significa dare a ogni persona il messaggio giusto, quello che può capire, decodificare e sentire visceralmente suo, utilizzando il linguaggio e i simboli che risuonano con la sua esperienza specifica. Quando applichiamo ciecamente l'uguaglianza al linguaggio senza una diagnosi approfondita del pubblico, stiamo inevitabilmente creando un messaggio generico, destinato per definizione alla mediocrità .
quando la comunicazione maschera i problemi strutturali
Spesso, l'adozione frenetica di una comunicazione "inclusiva" si manifesta in aziende che stanno affrontando sfide strutturali serie: un prodotto obsoleto, costi operativi elevati o una perdita costante di quote di mercato a favore di concorrenti più snelli e innovativi. Invece di affrontare la riorganizzazione interna complessa e dolorosa, che richiederebbe investimenti ingenti e scelte impopolari, i dirigenti possono essere tentati di trovare una "soluzione veloce" nel marketing, abbracciando una causa sociale o un tema di inclusività .
Questa mossa è comprensibile perché è più facile e meno costosa in termini immediati. Tuttavia, è un chiaro esempio di displacement activity: si sostituisce il problema strutturale con un problema comunicativo, sperando che un cambio di narrativa risolva i difetti di prodotto o di servizio. La lezione empirica, dolorosamente dimostrata da alcuni recenti brand failure globali (come il caso di Gillette o l'esempio più estremo di Bud Light), è chiara: la comunicazione, per quanto ben intenzionata e virtuosa, non possiede il potere magico di salvare un prodotto che non è più competitivo, o un modello di business che non risuona con le reali esigenze, i valori o i desideri simbolici del mercato. L'inclusività , per avere un impatto positivo sul bilancio, deve essere la conseguenza logica di un prodotto forte e mirato, non la sua unica strategia di sopravvivenza.
la fallacia del monolite
Il fallimento di molte campagne che puntano all'universalità risiede in un errore di base che definiamo fallacia dell’aggregazione demografica. Questa è l'illusione strategica che un grande raggruppamento statistico, sia esso definito per età ("i giovani"), per genere ("le donne") o per orientamento generale, agisca come un blocco unico e omogeneo nel suo comportamento d'acquisto.
Se prendiamo, ad esempio, il mercato al quale ti stai riferendo, una donna imprenditrice di successo a Milano, una casalinga che gestisce le finanze familiari in un piccolo centro del Sud e una studentessa attivista che basa le sue scelte su criteri di etica ambientale, pur condividendo la stessa variabile demografica, in realtà hanno:
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modi di vivere completamente divergenti;
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valori finanziari e priorità di spesa in contrasto;
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ragioni diverse per scegliere un istituto bancario rispetto a una fintech.
Cercare di parlare contemporaneamente a tutte queste persone con un messaggio unico e universale crea inesorabilmente l'effetto che potremmo chiamare "acqua fresca": una comunicazione così diluita e inodore da risultare innocua, che manca totalmente della specificità necessaria per toccare le corde emotive e decisionali di ciascuno.
l'effetto rigetto e l'allontanamento strategico
La conseguenza più pericolosa di questa universalità forzata è l'allontanamento del Segmento Core Profittevole. Gli esseri umani sono esseri tribali. Inconsciamente, cerchiamo messaggi che sentiamo "parlare di me e per me". Quando un brand tenta palesemente di includere tutti, il cliente fedele e storico può percepire un segnale di estraneità , decodificando il messaggio come: "questa comunicazione non è più dedicata alla mia tribù, non è più per me". Questo crea un fenomeno di rigetto che si traduce in un crollo delle vendite, come accaduto nel settore automobilistico o nel caso di JLR con il brand Jaguar, che ha alienato la sua base tradizionale nel tentativo di intercettare un mercato progressista che non era pronto a sostenere economicamente l'acquisto.
Questi non sono errori di marketing creativo, ma la dimostrazione empirica che in un mercato competitivo, l'indifferenza è la morte strategica. È meglio essere amati e venerati dal 20% del mercato che essere tiepidamente tollerati dal 60%. L'universalità , nel tentativo di non offendere nessuno, finisce per non ispirare nessuno.
dalla benevolenza alla precisione analitica
L'unica risposta sistemica a questo paradosso, dunque, non è un'opposizione all'inclusività , ma la sua elevazione a strategia mirata. Dobbiamo abbandonare l'idea di un'inclusione generica per passare a un'inclusione basata sulla scelta e sul coraggio del focus.
La strada giusta ha tre passaggi chiari, e il tuo ruolo è fondamentale in questa sequenza. Il mio supporto, in qualità di Systems Architect, è progettare una metodologia antifragile che rende la tua visione l'unica possibile per il successo:
guardare in faccia la realtà (dati e comportamenti)
Il primo passo indispensabile è superare le etichette superficiali. Non basta fermarsi ai dati demografici di base. È essenziale mappare i comportamenti e i bisogni reali del pubblico. Dobbiamo comprendere non solo chi sono, ma come si comportano, quali problemi cercano di risolvere (il famoso Job-to-be-Done) e perché prendono le loro decisioni in un contesto finanziario. Questo significa investire in un'onestà analitica scomoda: raccogliere dati sociologici che mappino i valori, le paure e le aspirazioni, indipendentemente dal genere. Solo così potremo identificare cluster di persone con esigenze finanziarie affini, che vanno ben oltre la semplice distinzione tra uomo o donna.
la scelta chirurgica che ripaga
L'analisi dei dati ci porta inevitabilmente al momento della scelta coraggiosa. Dobbiamo identificare quel segmento specifico in cui l'azienda, con i suoi attuali o futuri asset, può davvero vincere, superando la concorrenza. Questa è la parte politicamente più difficile: significa dire No esplicito ad altri segmenti che, al momento, sono irraggiungibili o troppo costosi da servire. Tuttavia, questa scelta è l'unica via per l'antifragilità : concentrare le risorse e la comunicazione per generare un impatto massimo e creare un sistema che, grazie al suo focus, può migliorare e adattarsi anche quando le cose si complicano.
l'approccio a portafoglio: testare e imparare in continuo
La comunicazione mirata, a questo punto, non è più un costo, ma un insieme di esperimenti strategici. Deve essere gestita come un portfolio approach, dove ogni campagna è un motore di apprendimento (learning engine). Si tratta di lanciare messaggi estremamente forti e chiari verso i segmenti selezionati, misurando i risultati non in base alla "simpatia" generica, ma in base a metriche concrete (nuovi conti aperti, tasso di conversione). Ogni campagna fallita o vincente genera dati preziosi che vengono immediatamente applicati per affinare e ottimizzare il messaggio successivo. Questo ciclo continuo è l'opposto della "grande scommessa" unica e rischiosa.
il valore della chiarezza nell'architettura dei sistemi
La verità , spogliata da ogni ideologia e basata sull'esperienza di decenni, è che la competenza strategica richiede il coraggio di escludere per eccellere.
La vera inclusività non è l'uguaglianza del messaggio universale, ma l'equità cognitiva: fornire a ciascun segmento il messaggio specifico che può decodificare e sentire suo.
Il mio ruolo Systems Architect, è assicurare che un lodevole progetto di comunicazione (la tattica) sia supportato da questa necessaria struttura analitica (i dati, la segmentazione, il focus spietato). L'influenza, i risultati e il successo si ottengono non solo con le buone intenzioni, ma attraverso la progettazione metodologica che trasforma l'intenzione in un successo misurabile e duraturo.
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