Il giorno in cui ho capito perché i manager ignorano la scienza

by Rollo


Il giorno in cui ho capito perché i manager ignorano la scienza

Era il 2018. Seduto in una sala riunioni di Milano, davanti a me un CEO di una PMI che fatturava 50 milioni. Sul tavolo, il mio report di analisi strategica: 47 pagine di dati, framework, correlazioni. Tre mesi di lavoro basato su metodologie consolidate. Lui lo sfoglia per trenta secondi, lo chiude e dice: "Interessante, ma io vado di pancia. Ho sempre fatto così."

In quel momento ho realizzato una delle contraddizioni più frustranti del mondo business moderno. Viviamo nell'era dei big data, dell'intelligenza artificiale, della misurazione di tutto. Eppure, quando conta davvero, torniamo alle decisioni istintive come uomini delle caverne davanti al fuoco.

La dittatura del "devo decidere ora"

Il primo nemico del metodo scientifico nel business è il tempo. O meglio, la percezione distorta che ne abbiamo. I manager vivono nell'illusione della fretta perpetua. "Il mercato non aspetta", "la concorrenza ci sta superando", "dobbiamo muoverci subito". Ma quanto di questa urgenza è reale e quanto è ansia travestita da pragmatismo?

Ho visto aziende perdere mesi in decisioni sbagliate prese "velocemente" che avrebbero potuto evitare con una settimana di analisi strutturata. Il paradosso è che rallentare per pensare spesso significa accelerare nell'esecuzione. Ma questo richiede una maturità organizzativa che poche aziende possiedono.

L'inganno della semplicità apparente

C'è poi il bias della complessità apparente. I metodi scientifici sembrano complicati perché richiedono un investimento iniziale di energia cognitiva. Imparare a usare il Business Model Canvas, comprendere le matrici di valutazione del rischio, strutturare un processo decisionale basato sui dati: tutto questo costa fatica mentale.

L'istinto, invece, è gratis. O almeno così sembra. Non ti chiede di studiare, di applicare framework, di mettere in discussione le tue convinzioni. Ti sussurra all'orecchio: "Tu sai già cosa fare, fidati del tuo intuito." È una sirena irresistibile per chi è già sovraccarico di decisioni quotidiane.

Il mito tossico dell'hero manager

Ma la ragione più profonda è culturale. Nel business abbiamo costruito il mito del leader visionario che "fiuta" le opportunità. Steve Jobs che dice no ai focus group, Bezos che punta tutto sull'e-commerce quando nessuno ci credeva. Queste storie alimentano una narrativa pericolosa: i veri leader non hanno bisogno di metodi, hanno il "gene" dell'intuito imprenditoriale.

Usare un framework scientifico viene percepito come ammettere debolezza. È più sexy dire "ho sentito che era il momento giusto" che "ho applicato la matrice di Ansoff per l'analisi delle opportunità di crescita." Il primo ti fa sembrare un visionario, il secondo un tecnocrate senza anima.

Il problema dell'accountability differita

Poi c'è una questione psicologica sottile ma potente. Se segui un metodo scientifico e sbagli, la responsabilità è chiara: o il metodo era sbagliato o l'hai applicato male. Sei esposto al giudizio, analizzabile, criticabile.

Se vai a istinto e fallisci, invece, puoi sempre dire che "era impossibile da prevedere", che "il mercato ha fatto qualcosa di inaspettato", che "nessuno poteva immaginarlo". L'intuizione fallita è sempre giustificabile a posteriori. Il metodo fallito è sempre colpa di qualcuno.

La soluzione che ho imparato sulla mia pelle

Col tempo ho risolto questo dilemma in un modo molto pratico: ho smesso di chiamarli "metodi scientifici." Li ho trasformati in rituali decisionali. Il team sapeva che ogni decisione importante passava attraverso quello che chiamavamo "il nostro processo", ma non lo vivevano come imposizione accademica.

Il trucco è stato nascondere la scienza dentro la cultura aziendale. Invece di dire "applichiamo il framework di Porter", dicevamo "facciamo il nostro check dei competitor." Invece di "analisi SWOT", era "la nostra riflessione sui punti di forza e debolezza." Stesso metodo, packaging diverso. Dopotutto siamo uomini di markleting no?

E soprattutto, ho imparato a combinare metodo e intuito invece di contrapporli. L'intuito è il punto di partenza, il metodo scientifico è la verifica. Prima senti, poi verifichi. Prima ipotizzi, poi testi. Il genio sta nel non fidarsi ciecamente né dell'uno né dell'altro.

Il vero problema è l'educazione business

Ma il nodo più profondo è che l'educazione manageriale insegna i framework ma non l'implementazione. Ti spiegano cos'è la matrice BCG ma non come usarla in una riunione con il board che ha fretta. Ti mostrano i modelli di valutazione del rischio ma non come convincere un team abituato a decidere di pancia.

Manca il ponte tra teoria e pratica quotidiana. Manca l'arte di rendere scientifico quello che sembra istintivo, senza perdere la velocità che il business richiede.

La verità è che i manager migliori che ho conosciuto non erano né puristi della scienza né adoratori dell'istinto. Erano traduttori. Sapevano trasformare metodi complessi in processi semplici, dati freddi in storie coinvolgenti, analisi strutturate in decisioni rapide ma fondate.

Il futuro non è scegliere tra metodo scientifico e intuito imprenditoriale. È imparare a farli lavorare insieme, senza che nessuno dei due calpesti i piedi dell'altro.