Il momento della verità per l'Europa

by Rollo


Il momento della verità per l'Europa

Oggi a Bruxelles si tiene un vertice europeo che sembra uno dei tanti: si parla di nuove sanzioni contro la Russia, di come usare i soldi russi congelati per aiutare l'Ucraina, di piani per la difesa comune. Ma dietro questi temi tecnici si sta giocando qualcosa di molto più grande: l'Europa è arrivata a un bivio dove può diventare finalmente un attore geopolitico autonomo, oppure scoprire definitivamente di non averne la capacità.

Il contesto: quando gli alleati non sono d'accordo

Per capire perché questo momento è così importante, bisogna guardare cosa sta succedendo intorno all'Europa.

L'incontro tra Trump e Putin che doveva tenersi a Budapest nelle prossime settimane? È stato congelato. Dopo che il Segretario di Stato americano Rubio ha parlato con il ministro degli esteri russo Lavrov, Washington ha capito che Mosca non è disposta a fare concessioni reali. Niente cessate il fuoco immediato, solo le solite richieste massimaliste. Trump ha detto chiaramente di non voler "perdere tempo" con un altro summit che non porta a nulla.

Questo stallo tra Stati Uniti e Russia mette l'Europa in una posizione particolare. Da una parte dipende ancora dagli americani per la sicurezza, dall'altra deve gestire le conseguenze economiche e strategiche di una guerra che è sul suo territorio. È una posizione scomoda ma potenzialmente molto importante - se l'Europa sa come usarla.

Al vertice di oggi si discute anche di 225 miliardi di dollari in asset russi congelati, soprattutto in Belgio. Il governo belga è nervoso: vuole garanzie ferree dagli altri paesi europei prima di toccare quei soldi. Non è burocrazia fine a se stessa - è il punto dove diritto internazionale, proprietà e geopolitica si scontrano. Chi controlla questi asset, controlla una leva importante per il futuro.

E poi c'è una notizia che è passata quasi inosservata ma è fondamentale: l'EDIP, il programma europeo per l'industria della difesa, ha appena ricevuto l'accordo politico. Sono 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, con una regola chiara: almeno il 65% dei componenti deve venire dall'Europa o da paesi associati. Sembra poco come cifra, ma è il primo framework sistematico per l'autonomia di difesa europea - non una misura d'emergenza temporanea, ma un'architettura permanente.

Sullo sfondo, c'è un dato che i funzionari europei ripetono privatamente: credono che la Russia potrebbe essere pronta ad attaccare un altro paese europeo entro 3-5 anni. Non è allarmismo da talk show - è un vincolo temporale che definisce l'urgenza di tutto quello che sta succedendo ora.

I due scenari possibili

Questa combinazione di pressioni può produrre due risultati completamente opposti. Vediamoli entrambi in dettaglio.

Scenario 1: L'Europa che funziona

In questo scenario, l'Europa usa tutte queste pressioni come catalizzatore per una vera trasformazione. L'accordo politico sull'EDIP si traduce rapidamente in contratti industriali concreti. Le fabbriche di armamenti europee ricevono ordini, assumono personale, aumentano la produzione. Non carta, ma metallo e tecnologia.

Gli asset russi congelati vengono effettivamente utilizzati. Il Belgio riceve le garanzie che vuole, si trova una formula legale che regge, e quei 225 miliardi iniziano a finanziare la difesa ucraina e quella europea. Non rimangono bloccati in dispute legali infinite.

Le scorte strategiche di materiali critici, terre rare, semiconduttori, componenti chiave, vengono create nonostante le resistenze delle lobby nazionali che hanno interessi commerciali con la Cina. I paesi europei accettano di pagare un po' di più nel breve termine per avere sicurezza nel lungo termine.

La "coalition of the willing", quei 30+ paesi che sostengono attivamente l'Ucraina e che si incontreranno venerdì a Londra, diventa un modello di cooperazione veloce che poi viene integrato nelle strutture UE ufficiali. Non un bypass permanente delle istituzioni europee, ma un modo per accelerare quando serve.

In questo scenario, tra 12-18 mesi vedremo risultati tangibili: nuovi contratti di difesa firmati, produzione aumentata, scorte create, coordinamento militare migliorato. L'Europa avrà dimostrato di saper convertire pressione in capacità.

Scenario 2: L'Europa che si blocca

Nell'altro scenario, succede quello che è già successo molte volte nella storia europea recente: le buone intenzioni non si traducono in azioni concrete.

L'EDIP rimane un altro documento. L'accordo politico non porta a contratti industriali perché ogni paese vuole che le fabbriche siano sul suo territorio, ogni governo protegge i suoi campioni nazionali, ogni lobby industriale spinge per le sue specifiche. Tra dispute su chi produce cosa e dove, passano mesi e anni. Nel frattempo, le aziende americane e asiatiche continuano a vincere gli appalti perché sono già pronte.

Il nodo degli asset russi si impantana. Il Belgio vuole garanzie che nessuno vuole dare. L'Ungheria minaccia veto. I giuristi discutono se sia legale secondo il diritto internazionale. Si formano commissioni per studiare la questione. Passano sei mesi, un anno, due anni. I soldi restano congelati, inutilizzati.

Le scorte strategiche non si creano perché costerebbe troppo e i paesi con forti legami commerciali con la Cina non vogliono irritare Pechino. Si fanno belle dichiarazioni sulla necessità di indipendenza, ma poi nella pratica si continua a comprare da chi costa meno, anche se è strategicamente rischioso.

La "coalition of the willing" si separa sempre più dalle istituzioni UE ufficiali. Chi vuole agire velocemente lo fa attraverso quella coalizione. Il Consiglio Europeo diventa sempre più un luogo dove si fanno discorsi generici mentre le decisioni vere si prendono altrove. L'Europa si frammenta tra chi vuole fare sul serio e chi preferisce lo status quo.

In questo scenario, tra 12-18 mesi non vedremo cambiamenti sostanziali. Ci saranno stati molti vertici, molti comunicati stampa, ma la capacità di difesa europea sarà sostanzialmente uguale a oggi. Quando arriverà il prossimo shock e arriverà, l'Europa sarà ancora dipendente dagli altri.

Cosa ci dice la storia

I tentativi di trasformazione istituzionale sotto pressione raramente funzionano. Non perché le persone coinvolte sono incompetenti, ma perché le strutture burocratiche hanno i loro tempi e le loro logiche, che difficilmente si allineano con l'urgenza degli eventi esterni.

L'Europa è particolarmente vulnerabile a questo problema perché le decisioni richiedono il consenso di 27 paesi con interessi diversi. Quando tutto va bene, questo sistema produce stabilità. Quando serve velocità e decisione, produce paralisi.

La "coalition of the willing" è interessante proprio perché bypassa questo problema. È più piccola, più flessibile, più veloce. Ma crea un altro rischio: se le decisioni importanti si prendono lì, cosa resta delle istituzioni europee ufficiali?

I segnali da guardare

Come capiremo quale scenario si sta materializzando? Ci sono alcuni indicatori chiari da monitorare nei prossimi mesi:

Velocità di conversione dell'EDIP: Quanto tempo passa dall'accordo politico ai primi contratti industriali concreti? Se tra sei mesi non c'è ancora nulla di tangibile, è un segnale pessimo.

Decisione sugli asset russi: Viene presa una decisione operativa entro l'anno o il tema resta in discussione infinita? Se a febbraio 2026 stiamo ancora discutendo degli aspetti legali senza aver usato un euro, la risposta è chiara.

Coesione vs frammentazione: La posizione europea resta unita o vediamo sempre più azioni parallele della "coalition of the willing" mentre le istituzioni UE diventano marginali?

Reazione quando Trump tornerà al tavolo con Putin: Perché ci tornerà, prima o poi. In quel momento, l'Europa avrà costruito abbastanza capacità autonoma da essere un attore credibile o sarà ancora solo uno spettatore che spera di essere ascoltato?

Il punto essenziale

L'Europa si trova nel mezzo di uno di quei momenti storici dove le stesse identiche pressioni esterne possono produrre due risultati completamente opposti. Può emergere da questa crisi con capacità reali aumentate e vera indipendenza strategica. Oppure può scoprire definitivamente che le sue strutture istituzionali non sono adatte ad agire velocemente quando serve.

Non è questione di volontà o di dichiarazioni. Tutti i leader europei parlano di "autonomia strategica" da anni. È questione di capacità sistemica: l'Europa sa tradurre le intenzioni in azioni abbastanza velocemente da contare, oppure no?

I prossimi 6-12 mesi ci daranno la risposta. E sarà una risposta che definirà l'Europa per i prossimi decenni, perché queste finestre di opportunità non si riaprono facilmente. O l'Europa impara a muoversi quando il momento lo richiede, o diventa definitivamente quello che molti già sospettano: un attore economico importante ma un nano politico che parla mentre altri decidono.

La storia non premia le buone intenzioni. Premia chi sa convertire i vincoli in opportunità prima che la finestra temporale si chiuda.

Iscriviti alla newsletter The Clinical Substrate

Ogni venerdì, pattern recognition attraverso i layer che altri non vedono.