Il paradosso del video aziendale nelle piccole imprese

Il responsabile marketing dice: "Abbiamo budget limitato, ma vogliamo comunque un video di qualità ."
L'agenzia risponde: "Faremo il massimo con le risorse disponibili."
Entrambi mentono, ma non lo sanno. E il risultato sarà mediocre per ragioni strutturali, non morali. Ho visto questo schema ripetersi centinaia di volte in quarant'anni, dalla transizione digitale degli anni novanta a oggi. Sempre lo stesso film, solo con attori diversi.
Il meccanismo è più interessante di quanto sembri a prima vista, perché rivela qualcosa di fondamentale su come funzionano davvero le decisioni di acquisto nelle micro e piccole imprese.
Il titolare senza bussola
Nelle aziende di piccole dimensioni, chi approva il preventivo per il video è quasi sempre il titolare o l'amministratore delegato. Questa persona ha costruito l'impresa con le mani, conosce perfettamente ogni aspetto del suo settore. Sa esattamente quanto deve costare un operaio specializzato, una macchina utensile, un container di merce dalla Cina, una licenza software. Ha sviluppato negli anni un'intuizione precisa per riconoscere quando un fornitore sta gonfiando i prezzi o quando invece sta offrendo un valore reale.
Ma il video è completamente fuori dal suo schema mentale di costi. Non ha esperienza pregressa, non ha termini di paragone, non ha modo di capire se cinquemila euro sono ragionevoli o se l'agenzia lo sta prendendo in giro. È come chiedere a un falegname del 1850 di valutare un preventivo per il "posizionamento del marchio" - le parole hanno senso singolarmente, ma non si combinano in qualcosa che lui può tradurre in valore concreto.
Il risultato è che vede solo un costo. Un costo che sembra arbitrario, discutibile, probabilmente gonfiato. Non riesce a vederlo come investimento perché manca il framework mentale per collegare quella spesa a un risultato misurabile.
Il problema si aggrava con i video interni
La situazione diventa ancora più complicata quando parliamo di video interni. Un video per il marketing esterno almeno in teoria produce vendite, genera contatti, porta risultati misurabili. Ma un video per l'onboarding dei dipendenti? Un video sui valori aziendali? Un messaggio del titolare alla squadra?
Qui siamo nel territorio della "cultura aziendale" e della "comunicazione interna". Concetti che per un imprenditore pratico, abituato a vedere risultati tangibili ogni giorno, suonano pericolosamente simili ad aria fritta ben confezionata. Non ci sono metriche. Non ci sono vendite da tracciare. Solo la vaga promessa che "migliora l'ingaggio dei dipendenti" o "professionalizza l'immagine interna."
Per un titolare che ha sempre parlato direttamente con i suoi collaboratori, che li conosce per nome, che risolve i problemi giorno per giorno sul campo, l'idea di spendere migliaia di euro per "comunicare meglio" sembra uno spreco incomprensibile.
La tentazione del fai da te
A questo punto arriva la tentazione fatale. "Ma se costa così tanto, possiamo farlo noi. Il nipote ha un buon telefono e sa montare i video. O chiediamo al responsabile marketing di arrangiarsi. O magari il nostro grafico può imparare."
Ho visto questo errore ripetersi troppo spesso per contarle. Il risultato è sempre lo stesso: tempo sprecato in riunioni infinite per decidere cosa dire, persone frustrate che devono fare un lavoro per cui non hanno competenza né strumenti, un prodotto finale che imbarazza tutti e che nessuno userà davvero. Ma intanto hanno "risparmiato" sul preventivo dell'agenzia.
Il paradosso qui è brutale. Da un lato, ho imparato a diffidare ogni volta che sento parlare di "risparmiamo facendo da soli." Se vuoi le cose fatte bene, le devi far fare a chi le sa fare. Questo vale per l'impianto elettrico, per la contabilità , per la consulenza legale, e vale anche per la produzione video.
Dall'altro lato però, come fai a selezionare chi le sa fare davvero? Come distingui l'agenzia seria, che ha competenze reali e prezzi giustificati, da quella che improvvisa e gonfia i costi? Senza un framework mentale per valutare quella categoria di spesa, ogni preventivo sembra arbitrario. E quando tutto sembra arbitrario, la tentazione naturale è scegliere il più economico o convincersi di poter fare da soli.
Il catch-22 strutturale
Eccoci al nodo del problema. Per selezionare il professionista giusto serve competenza che il titolare non ha. È un circolo vizioso strutturale: non so abbastanza per valutare chi sa davvero, ma per imparare a valutare dovrei già sapere abbastanza.
Nelle aziende grandi questo problema si risolve con personale specializzato. C'è qualcuno nel team che conosce il settore della produzione video, sa fare benchmark, sa leggere un preventivo e capire se è sensato. Nelle micro e piccole imprese no. Il titolare deve decidere da solo, senza strumenti.
E qui emerge la seconda faccia del problema: l'agenzia che accetta il progetto sapendo che il budget è insufficiente. Perché lo fa? Perché rifiutare significa perdere fatturato, e in un mercato competitivo ogni progetto conta. Quindi accetta, ma taglia i costi. Location economica o gratuita per non impazzire con permessi e noleggi. Attrezzatura ridotta, quella che hanno già in casa. Troupe minima o addirittura un operatore solo che fa tutto. Sperando che la creatività possa compensare i mezzi scarsi.
Raramente funziona. La creatività è importante, certo. Ma non fa miracoli quando mancano tempo, strumenti e persone. Il risultato tende verso la mediocrità per ragioni matematiche più che artistiche.
L'insoddisfazione reciproca garantita
Alla consegna, il titolare guarda il video e qualcosa non va. Non sa spiegare esattamente cosa, ma si aspettava qualcosa di diverso. Forse più "professionale", qualunque cosa significhi. Forse più d'impatto. Forse semplicemente diverso da quello che ha davanti.
L'agenzia, dal suo lato, è frustrata. Con quel budget hanno davvero fatto il massimo possibile. Hanno tagliato dove potevano, si sono arrangiati, hanno messo creatività per compensare le risorse scarse. E ora il cliente non è contento.
Entrambi hanno ragione nei loro termini. Il titolare ha speso soldi che per lui sono significativi e si ritrova con un prodotto che non lo soddisfa. L'agenzia ha lavorato duro per far stare un progetto da diecimila euro in un budget da cinquemila. Entrambi sono insoddisfatti. Entrambi si sentono danneggiati.
Ma nessuno dei due ha sbagliato per malafede. È la struttura della situazione che produce questo outcome negativo in modo quasi deterministico.
Lo schema si ripete ovunque
Questo meccanismo non riguarda solo i video. È lo stesso identico schema che vedo operare in ogni acquisto di servizi specializzati dove manca competenza interna per valutare.
La piccola impresa che risparmia sul sito web facendolo fare al cugino "che si intende di computer", poi si ritrova con qualcosa di inutilizzabile e deve rifarlo da capo. Oppure sottovaluta completamente la sicurezza informatica perché "tanto siamo piccoli, chi vuoi che ci attacchi", finché non succede e scoprono quanto costa davvero un data breach.
Dall'altro lato della medaglia, la stessa azienda si fa convincere a comprare un sistema CRM costosissimo perché il venditore ha fatto una presentazione impressionante con tante slide colorate. Lo implementano, nessuno lo usa perché è sovradimensionato per le loro necessità , ma continuano a pagare la licenza annuale perché "ormai ce l'abbiamo."
O peggio: spendono cifre importanti per consulenze di "trasformazione digitale" o "strategia di innovazione" che producono slide bellissime e report da cento pagine che nessuno leggerà mai. Intanto risparmiano sull'unica cosa che forse servirebbe davvero - una persona competente che segua l'implementazione pratica giorno per giorno.
Il problema non è quanto budget hanno. È come lo allocano. Risparmiano dove non capiscono il valore, quindi affidano a chi costa meno o provano a fare da soli. Spendono troppo dove qualcuno ha saputo vendergli bene un sogno, anche se non serve. E in mezzo, le cose che servirebbero davvero restano spesso scoperte perché non rientrano in nessuna delle due categorie.
L'incompetenza nella valutazione non produce solo budget bassi. Produce allocazione sbagliata delle risorse. Il fai da te dove servirebbe competenza professionale. La spesa eccessiva dove basterebbe qualcosa di più semplice. La sottovalutazione di rischi reali. La sopravvalutazione di soluzioni miracolose.
Certe cose non cambiano mai
Non è questione di etica o competenza delle singole persone. È architettura degli incentivi combinata con asimmetria informativa. Quando il cliente non ha framework per valutare la qualità prima dell'acquisto, e il fornitore ha incentivi a vincere la commessa o a massimizzare il valore della vendita, il sistema produce sistematicamente cattive decisioni.
È selezione invece di persuasione. Alcuni clienti semplicemente non possono comprare bene quello che vendi, anche se lo vogliono. Non hanno gli strumenti per valutare, selezionare, distinguere chi sa fare da chi improvvisa, capire cosa serve davvero da cosa è superfluo. E fingere il contrario, da entrambe le parti, produce solo risultati che nessuno vuole davvero.
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