L'aridità mentale di chi non osa

by Rollo


 L'aridità mentale di chi non osa

Domenica mattina. Centro sportivo pieno di quarantenni che corrono dietro a una pallina da padel, sudando come dannati mentre spiegano al compagno di gioco perché il tennis "è troppo individualista" e loro invece hanno scelto "lo sport del futuro". Li osservo e penso alla volpe della favola di Esopo. Quella che, non riuscendo a raggiungere l'uva, decide che tanto era acerba. Solo che qui non stiamo parlando di una volpe furba. Stiamo parlando di esseri umani che hanno trasformato l'arte del compromesso in una filosofia di vita.

Il teatro della giustificazione

C'è una cosa che proprio non sopporto, tra le tante: le persone che costruiscono cattedrali di parole per non ammettere di aver scelto la strada più facile. Non è il padel in sé che mi disturba, è quello che rappresenta. È diventato il simbolo perfetto di una generazione che vuole lo status senza pagarne il prezzo.

Il tennis richiede anni di tecnica, disciplina ossessiva, la capacità di stare da soli con i propri errori per ore. Il padel? Prendi la racchetta e in mezz'ora sembri quasi competente. Ma invece di dire "ho scelto qualcosa di più facile perché non ho voglia di impegnarmi così tanto", no. Deve diventare "più strategico", "più sociale", "meno stressante per le articolazioni". Che poi anche qui...un mio amico primario di ortopedia in un noto ospedale diche che non ha mai avuto cosi tanti clienti da quando esiste il Padel.

Ma torniamo a  noi. FIocare a PaDEL è come comprare la borsa falsa e passare mesi a spiegare a tutti perché è meglio dell'originale. "È più pratica", "meno volgare", "più sostenibile". Tutto pur di non dire la verità: non me la posso permettere, o peggio non vale la pena risparmiare per quello che voglio davvero.

La dissonanza cognitiva come sport nazionale

Quello che mi manda in bestia è la disonestà intellettuale con se stessi. La mente umana ha questa capacità straordinaria di riscrivere la realtà quando questa non ci piace. Invece di dire "non ce la faccio" o "ho paura di fallire in qualcosa di difficile", costruiamo narrative elaborate per convincerci che abbiamo fatto la scelta illuminata.

È successo con tutto. Hyrox invece di CrossFit perché "è più bilanciato". Il corso di scrittura creativa online invece del master in presenza perché "è più flessibile". Il business plan da quattro pagine invece dello studio di fattibilità serio perché "bisogna essere agili".

Ogni rinuncia diventa una scelta strategica. Ogni compromesso una filosofia. Ogni mancanza di coraggio una dimostrazione di saggezza superiore.

L'aridità della mente che non osa

Sai cosa c'è dietro questa dinamica? Povertà mentale. L'incapacità di sopportare l'idea di essere inadeguati, di non farcela, di essere umani con dei limiti. Preferiamo la sicurezza del compromesso ben confezionato alla vertigine dell'incertezza.

Ma quando trasformi ogni tua rinuncia in una scelta illuminata, quando non riesci mai a dire "ho scelto la versione più facile perché quella difficile mi fa paura", stai impoverendo te stesso. Stai scegliendo l'aridità mentale.

Perché essere onesti con se stessi richiede coraggio. Ammettere che a volte non ce la fai, che a volte scegli la strada più semplice, che a volte ti accontenti, è umano. Ma costruire castelli di parole per giustificare ogni compromesso è patetico.

Quello che mi spezza il cuore

Non è il fatto che la gente scelga il padel invece del tennis. Non è che faccia Hyrox invece di CrossFit. È che non riesca mai a dire la verità: "Non me la sento di affrontare qualcosa di così impegnativo".

Sai cosa rispetterei? Uno che dice: "Gioco a padel perché il tennis mi sembra troppo difficile e in questo momento della mia vita non ho l'energia per impegnarmi così tanto". Semplice. Onesto. Umano.

Invece no. Deve essere superiore moralmente, intellettualmente, strategicamente. Deve aver fatto la scelta giusta mentre tutti gli altri sono degli stupidi che non hanno capito niente.

La domanda che non si fanno mai

La domanda che evitano sistematicamente è: "Cosa succederebbe se provassi davvero? Se rischiassi di essere inadeguato? Se mi mettessi in gioco completamente?"

Preferiscono non saperlo. Preferiscono l'uva acerba della loro versione edulcorata della realtà. Preferiscono convincersi che hanno scelto l'eccellenza quando in realtà hanno scelto la mediocrità accessibile.

E questo, francamente, mi fa una tristezza infinita. Non per loro, che alla fine si sono costruiti la loro bolla di autoconvincimento. Mi fa tristezza per tutte le versioni di se stessi che non scopriranno mai. Per tutto quello che potrebbero essere e che non saranno, perché hanno deciso che l'uva era acerba prima ancora di provare a saltare.

La prossima volta che senti qualcuno spiegare perché la sua scelta più facile è in realtà più intelligente, ricordati della volpe. E chiediti: in che aree della tua vita stai facendo la stessa cosa?