La stagione delle certezze impossibili

È ricominciato il teatro annuale. Ogni fine anno, come un rituale collettivo, le principali case d'investimento rilasciano le loro previsioni per l'anno successivo con una precisione che confonde l'azzardo con la scienza. Quest'anno Bank of America ci dice che l'S&P 500 chiuderà il 2025 a 6.666 punti (notare la precisione quasi numerologica). Goldman Sachs prevede una crescita del PIL americano esattamente al 2%. Vanguard si spinge ancora oltre, fornendo range di rendimento per i prossimi dieci anni. Non stime approssimative, non scenari alternativi ponderati per probabilità . Numeri precisi, come se il futuro fosse già scritto in qualche algoritmo perfetto che solo loro possono decifrare.
C'è solo un piccolo problema: questi numeri non hanno praticamente mai ragione. E non in senso marginale. Proprio nel senso opposto di quello che predicono.
Il track record imbarazzante
Prendete gli ultimi tre anni come campione. Nel 2022, il consenso delle case d'investimento posizionava l'S&P 500 tra i 4.400 e i 5.000 punti per fine anno. L'indice chiuse a 3.900, fuori dal range in negativo. Va bene, può succedere: i mercati sono volatili. Ma nel 2023 lo stesso circo ricomincia. La media delle previsioni degli analisti indica un rialzo del 4,6%. L'indice guadagna il 24,23%, cinque volte tanto. Contemporaneamente, il 91% degli amministratori delegati intervistati da KPMG si aspettava una recessione imminente. Non è arrivata.
Come nota un'analisi recente: "Negli ultimi due anni il mercato azionario si è comportato all'opposto rispetto alle previsioni della larga parte delle case di investimento." Non leggermente diverso. Opposto.
Il meccanismo degli incentivi
La domanda interessante non è "come mai sbagliano così tanto?" Quella è facile. La domanda interessante è "perché continuano a farlo anche quando sanno che sbaglieranno?"
Perché c'è un meccanismo strutturale all'opera qui e non ha niente a che fare con la capacità predittiva. Ha a che fare con gli incentivi e con la psicologia di massa. Se siete un analista finanziario o una casa d'investimento, DOVETE produrre previsioni numeriche. Non potete andare dai vostri clienti e dire "guardate, non ho la minima idea di dove andrà il mercato nei prossimi 12 mesi perché ci sono troppe variabili interconnesse in modo non lineare, quindi la cosa migliore è costruire un portafoglio che regga diversi scenari possibili." Tecnicamente sarebbe l'approccio più onesto e utile, ma non è quello che il mercato delle aspettative richiede.
Il cliente vuole certezze. Il cliente vuole numeri. Il cliente vuole la rassicurazione che qualcuno, da qualche parte, ha capito come funziona questa macchina complessa. E così gli analisti forniscono numeri, perché fornire numeri è parte del loro ruolo performativo. Non importa se quei numeri si riveleranno sbagliati. Importa che nel momento in cui li producete, sembriate competenti e informati.
Gli shock che nessuno prevede
Qui c'è il problema fondamentale: i movimenti di mercato che contano davvero non sono quelli che tutti stanno monitorando. Sono quelli che nessuno vede arrivare. Quando guardate indietro ai vostri rendimenti degli ultimi venti anni, scoprite che una manciata di giorni (meno del 2% dei giorni totali di trading) ha prodotto la maggior parte dei guadagni o delle perdite. Il resto è stato essenzialmente rumore.
E quei giorni critici? Sempre legati a eventi che stavano fuori dai modelli. La crisi finanziaria del 2008 non era nelle previsioni di gennaio 2008. Il COVID e i lockdown globali non erano nelle variabili di gennaio 2020. L'invasione dell'Ucraina non era nei target price di gennaio 2022. Eppure questi eventi hanno determinato la direzione reale dei mercati, non le variabili macroeconomiche che tutti stavano analizzando ossessivamente.
Non è che questi eventi siano aberrazioni statistiche rare. Sono la norma. Quello che sfugge ai modelli è sempre più importante di quello che i modelli catturano. Ma non potete metterlo in una previsione numerica precisa, quindi viene sistematicamente ignorato fino a quando non succede.
Come le previsioni ci rendono più fragili
Il problema è più profondo di quanto sembri. Non è solo che l'imprevedibile esiste. È che il semplice fatto di concentrarsi sulle previsioni numeriche precise crea un'illusione di controllo che ci rende più fragili quando arriva l'imprevisto. Se avete costruito la vostra strategia di investimento attorno all'idea che l'S&P 500 chiuderà a 6.666 punti, cosa fate quando a marzo succede qualcosa che fa crollare quella previsione? Probabilmente panico e vendete al momento sbagliato.
C'è una sorta di comicità involontaria nel vedere gli stessi disclaimer in fondo a questi report: "Le proiezioni sono di natura ipotetica, non rispecchiano risultati di investimenti reali e non sono garanzia di rendimenti futuri. I rendimenti futuri possono avere un andamento diverso dai modelli storici." Stanno letteralmente dicendo "questi numeri che vi stiamo dando con tanta precisione potrebbero essere completamente sbagliati." Ma lo dicono con il carattere piccolo, dopo aver catturato l'attenzione con i numeri grandi in grassetto.
La via negativa funziona meglio
La via negativa, cioè sapere cosa non fare, qui è più utile della ricerca di cosa fare. Non basate le vostre decisioni di investimento su previsioni numeriche precise per l'anno successivo. Non credete che qualcuno, per quanto smart o ben informato, sappia dove chiuderà un indice tra 12 mesi. Non confondete modelli sofisticati con capacità predittiva. E soprattutto, non costruite portafogli che collassano se le previsioni si rivelano sbagliate, perché si riveleranno sbagliate.
L'alternativa non è il nichilismo. È costruire strategie che funzionino bene in scenari multipli, che guadagnino dall'incertezza invece che cercare di eliminarla, che siano robuste agli shock invece che ottimizzate per uno scenario specifico. Ma questa è una conversazione diversa, che richiede più umiltà epistemica e meno certezze numeriche stampate in PowerPoint colorati.
Nel frattempo, godetevi lo spettacolo. A gennaio 2026 torneranno con nuovi numeri precisi per spiegare perché quelli del 2025 non si sono realizzati, e con previsioni ancora più dettagliate per il 2026. E qualcuno ci crederà di nuovo. Perché l'illusione della prevedibilità è più confortante della realtà dell'incertezza irriducibile.
Ma se lo sai, lo sai.
Iscriviti alla newsletter The Clinical Substrate
Ogni venerdì, pattern recognition attraverso i layer che altri non vedono.