La verità sui dazi USA-EU

by Rollo


La verità sui dazi USA-EU

Il 27 luglio 2025 Trump e von der Leyen si sono incontrati in Scozia per "salvare" le relazioni commerciali transatlantiche. Risultato: dazi al 15% sui prodotti europei invece del 30% minacciato. I media hanno parlato di "compromesso". La realtà è diversa: è l'ennesima dimostrazione che questi dazi non hanno nulla a che fare con l'economia, e tutto con il controllo geopolitico.

Bottom Line Up Front: Italia, Germania e Irlanda vengono penalizzate sistematicamente non per "pratiche sleali", ma per i loro successi competitivi. Trump usa i dazi come Machiavelli usava gli eserciti: per imporre subordinazione attraverso la forza economica.

Perché questi non sono dazi economici ma armi politiche

La prova più evidente che questa non è economia ma politica sta nel metodo stesso. Trump ha imposto dazi al 25% sulla Colombia per costringerla ad accettare aerei di deportati. Ha minacciato il 50% al Brasile se non interrompe i processi contro Bolsonaro. Ha colpito Canada e Messico accusandoli di "traffico di fentanyl". Questi sono ricatti diplomatici mascherati da politica commerciale.

Dal punto di vista economico, i dazi violano ogni principio di efficienza. Il deficit commerciale USA non è il risultato di "pratiche sleali" ma di fattori strutturali: la forza del dollaro come valuta di riserva mondiale, che rende conveniente per gli americani comprare all'estero; l'alta propensione al consumo degli USA; la specializzazione produttiva globale che vede l'America eccellere nei servizi e nella finanza più che nella manifattura.

David Ricardo lo spiegava già nel 1817: i paesi si specializzano in ciò che sanno fare meglio, e tutti ne traggono vantaggio. Trump sta deliberatamente distruggendo questa logica per imporre una subordinazione politica attraverso la dipendenza economica.

Il quadro globale: accordi con Cina e Giappone

La strategia di Trump diventa più chiara osservando il quadro completo. Con la Cina ha raggiunto una "tregua" a maggio 2025, riducendo i dazi dal 125% al 10% in cambio di concessioni geopolitiche. Il Giappone ha ottenuto dazi al 15% (come l'Europa) dopo aver accettato di aumentare gli acquisti militari dagli USA.

Il pattern è identico ovunque: i dazi non servono a "riequilibrare" il commercio, ma a creare leva negoziale per ottenere subordinazione strategica. Acquisti di armi americane, allineamento nelle politiche verso Russia e Cina, accettazione del leadership USA nelle istituzioni internazionali.

La mappa della subordinazione:
🇨🇳 Cina: Dazi ridotti al 10% dopo concessioni geopolitiche
🇯🇵 Giappone: 15% in cambio di acquisti militari
🇪🇺 Europa: 15% con impegno su armi e gas USA
🇬🇧 Regno Unito: 10% per "relazione speciale"
🇧🇷 Brasile: 50% minacciato per pressioni su Bolsonaro

I precedenti storici: déjà-vu che dovrebbero allarmare

La storia offre paralleli inquietanti. Lo Zollverein tedesco del 1834 usò l'unione doganale per creare l'unificazione politica, escludendo l'Austria dal progetto germanico. Il risultato fu la guerra austro-prussiana del 1866.

Gli echi del passato:
• Smoot-Hawley Act (1930): I dazi USA aggravarono la Grande Depressione e contribuirono alle tensioni che portarono alla Seconda Guerra Mondiale
• Blocco Continentale napoleonico (1806): Guerra commerciale per forzare l'Europa a sottomettersi alla Francia
• Guerra dell'Oppio (1840): La Gran Bretagna impose il libero commercio alla Cina con la forza militare

In tutti questi casi, la guerra commerciale precedette o accompagnò conflitti geopolitici più ampi. Quando le potenze dominanti sentono minacciata la loro egemonia, usano il commercio come arma per mantenere il controllo. Gli effetti furono sempre devastanti: recessioni, instabilità politica, e alla fine, guerre vere.

Perché l'Europa cede: la sindrome del vassallo consenziente

La domanda cruciale è: perché l'Europa accetta questa umiliazione? La risposta rivela la profondità della subordinazione strategica europea agli USA, costruita in 75 anni di dipendenza militare, finanziaria e tecnologica.

L'Europa ha paura di tre cose: primo, di perdere la protezione militare americana in un momento di tensione con Russia e Cina; secondo, di essere tagliata fuori dal sistema finanziario basato sul dollaro; terzo, di perdere accesso alle tecnologie critiche controllate dagli USA (semiconduttori, software, AI).

Questa paura è amplificata dalla frammentazione europea. Germania, Francia e Italia hanno interessi diversi, e Trump lo sa perfettamente. Offre accordi bilaterali vantaggiosi a chi si comporta "bene" (vedi il 10% al Regno Unito) mentre punisce chi resiste. È il classico "divide et impera" applicato al XXI secolo.

L'UE preferisce subire un danno certo ma limitato (15%) piuttosto che rischiare il caos di una vera guerra commerciale (30-50%). È la mentalità del vassallo che preferisce pagare il tributo piuttosto che rischiare la distruzione.

Perché gli USA si credono il centro del mondo

L'ossessione americana per il controllo globale nasce da una combinazione di potenza strutturale e paranoia imperiale. Gli USA controllano il 60% delle riserve valutarie mondiali attraverso il dollaro, dominano il sistema finanziario globale, e hanno una supremazia militare senza precedenti nella storia.

Ma questa egemonia è minacciata. La Cina cresce economicamente, l'Europa sviluppa autonomia strategica, i BRICS creano sistemi di pagamento alternativi. Trump rappresenta la reazione di un impero che sente scricchiolare le proprie fondamenta e reagisce con la forza bruta.

L'ideologia del "Make America Great Again" non è nostalgia, è un progetto imperiale: riportare il mondo alla condizione degli anni '50, quando gli USA erano l'unica superpotenza industriale globale. I dazi sono lo strumento per smantellare la competizione europea e ricreare quella dipendenza assoluta.

L'alternativa che l'Europa non osa considerare

Esiste un'alternativa alla sottomissione, ma richiederebbe un coraggio politico che l'Europa sembra aver smarrito. L'UE potrebbe rispondere creando un blocco commerciale alternativo con Cina, India, Brasile, e i paesi del Sud del mondo. Potrebbe accelerare lo sviluppo di sistemi di pagamento indipendenti dal dollaro. Potrebbe investire massicciamente in autonomia tecnologica e militare.

Invece, l'Europa sceglie la strada della resa programmata: aumenta gli acquisti di armi americane (5% del PIL entro il 2035), rinuncia alla global minimum tax per favorire le multinazionali USA, compra gas americano più costoso invece del russo più economico.

È la strategia del "vassallo contento": meglio essere il junior partner privilegiato dell'America che rischiare l'autonomia. Il problema è che Trump non offre nemmeno quello: offre solo gradi diversi di subordinazione.

I numeri della punizione: Italia, Germania, Irlanda nel mirino

Analizzando i dati del surplus commerciale 2024, emerge un pattern inquietante. L'Irlanda, con 86,7 miliardi di dollari di surplus, subisce il peso maggiore, non per caso, ma perché il suo regime fiscale al 15% (contro il 21% USA) attrae multinazionali americane che producono in Europa per vendere in America.

La Germania perde il 25% della competitività nel settore auto (da BMW a Mercedes), mentre l'Italia vede minacciati i suoi 12,8 miliardi di export in macchinari industriali e 7,8 miliardi in agroalimentare. Stiamo parlando di 100.000 posti di lavoro italiani a rischio per una "guerra commerciale" che di commerciale ha ben poco.

La classifica della "punizione":
🇮🇪 Irlanda: 86,7 mld$ - Colpita per regime fiscale vantaggioso
🇩🇪 Germania: 84,8 mld$ - Penalizzata per supremazia automotive
🇮🇹 Italia: 44,0 mld$ - Sotto attacco per eccellenze agroalimentari e macchinari
🇫🇷 Francia: 16,4 mld$ - Relativamente "graziata"

La lezione sistemica: benvenuti nel mondo post-liberale

Questi dazi sono un esperimento di Design Sociale su scala globale. Trump sta ridisegnando gli incentivi del commercio internazionale per produrre outcomes geopolitici favorevoli agli USA, indipendentemente dall'efficienza economica.

L'Europa deve smetterla di pensare che questa sia una questione commerciale da risolvere con "compromessi" e concessioni. È una ridefinizione dei rapporti di forza che richiede una risposta altrettanto strategica: diversificazione dei mercati, autonomia tecnologica, coalizioni alternative.

Il messaggio di Trump è chiarissimo: essere partner dell'America significa essere subordinati all'America. L'Italia, la Germania e l'Irlanda stanno pagando il prezzo del loro successo in un mondo dove gli USA hanno deciso che il commercio è guerra continua con altri mezzi.

La storia ci insegna che le guerre commerciali raramente rimangono solo commerciali. L'Europa ha una scelta: accettare la vassallaggio permanente o trovare il coraggio dell'autonomia strategica. Tertium non datur.

Benvenuti nell'era post-liberale. Le regole del gioco sono cambiate. Chi non se ne accorge, perde.