Maledetta primavera

by Rollo


Maledetta primavera

La primavera arriva sempre con questa duplice identità. Un volto luminoso che risveglia la natura e uno oscuro che risveglia le mie allergie. Come cantava Loretta Goggi, è davvero "maledetta primavera" quando la contempli attraverso occhi arrossati. Osservo dalla finestra il mondo che si riempie di colori mentre i miei occhi si tingono di un rosso acceso, quasi teatrale nella sua drammaticità. Sembrano raccontare una storia di sofferenza che si ripete ciclicamente, un appuntamento annuale con il disagio che non riesco mai a cancellare dall'agenda.

Gli occhi irritati, così intensamente arrossati da sembrare vittime di uno spray al peperoncino, diventano il primo segnale di questo conflitto interiore. È curioso come il corpo reagisca così violentemente a qualcosa di apparentemente innocuo come il polline. Una polvere impalpabile che trasforma le mie giornate in una continua battaglia per la respirazione.

La mente e il respiro perduto

Il respiro ostruito mi porta a riflettere su quanto diamo per scontato l'atto stesso di respirare. Solo quando questa funzione automatica diventa improvvisamente difficoltosa ci rendiamo conto della sua importanza fondamentale. Mi ritrovo a prestare attenzione consapevole ad ogni respiro, come se stessi praticando una meditazione forzata tra uno starnuto e l'altro.

Gli starnuti diventano un rituale involontario, piccole esplosioni che interrompono qualsiasi attività. Mi ritrovo a contarli, quasi a studiarli come fenomeni scientifici. Tre, quattro, cinque in sequenza rapida. Poi una pausa, una falsa tregua, prima che riprendano con rinnovato vigore. Il corpo segue una sua misteriosa partitura, che solo la primavera sembra in grado di dirigere con maestria crudele.

La pioggia come salvezza

Trovo paradossale che io, amante del sole e dei cieli tersi, mi ritrovi a sperare nella pioggia. Osservo le nuvole con speranza, scrutando il cielo alla ricerca di segni promettenti di temporali imminenti. La pioggia diventa alleata preziosa, unica forza capace di abbattere la concentrazione di polline nell'aria, di pulire l'atmosfera e concedermi qualche ora di tregua.

Questa inversione di preferenze meteorologiche mi fa sorridere amaramente. Mi fa comprendere quanto siamo disposti a cambiare prospettiva quando il disagio diventa predominante. La bellezza di un cielo azzurro perde significato di fronte alla promessa di sollievo che una giornata grigia e piovosa porta con sé.

La filosofia della transitorietà

In questo malessere stagionale ritrovo, tuttavia, una lezione di vita che si ripresenta puntualmente. Tutto passa. Mentre Loretta cantava di un amore che arriva inaspettato "come un treno in mezzo al cuore", la mia primavera è un treno di sintomi che, fortunatamente, ha una destinazione finale. Ogni sofferenza ha un suo termine naturale, ogni fastidio porta con sé la consapevolezza della sua fine inevitabile. Vivo questi giorni difficili con la certezza che presto volgeranno al termine, come ogni fenomeno ciclico della natura.

Questa consapevolezza diventa quasi una meditazione quotidiana. Resisto al presente scomodo aggrappandomi al futuro prevedibile in cui starò meglio. È un esercizio di pazienza forzata che ogni primavera mi impone, una lezione di sopportazione che il corpo mi obbliga a imparare nuovamente, come se ogni anno dimenticassi quanto appreso in precedenza.

Alla fine, mentre attendo che questa stagione di rinascita e sofferenza trovi il suo naturale equilibrio, rifletto su quanto queste piccole battaglie quotidiane plasmino la nostra capacità di adattamento. Gli occhi rossi, il respiro difficoltoso, gli starnuti incessanti diventeranno presto un ricordo sbiadito, sostituiti da nuove sensazioni e nuove sfide. Nel frattempo, continuo a navigare questo mare di polline, con pazienza e una strana forma di accettazione rassegnata ma consapevole, attendendo la mia personale bassa marea allergenica.