Quando la curiosità vale più di un Rolex

by Rollo


Quando la curiosità vale più di un Rolex

È mercoledi mattina qui alla London School of Economics. Intorno a me laptop accesi e facce fresche di ventenni ambiziosi. Io, con i miei anni, pochi capelli e una giacca che tradisce decenni di esperienza, potrei sembrare fuori posto. Potrei essere in pensione a godermi i frutti di una carriera fatta di salti tra settori diversi. Invece sono qui, con il quaderno aperto e la stessa curiosità di chi ha tutto da scoprire.

La scelta che mi ha cambiato la vita

Quando ho raccontato agli amici che mi ero iscritto a un master alla LSE, le reazioni sono state esilaranti. "Ma non potevi comprarti un bel Rolex invece?" mi ha chiesto uno, convinto che a una certa età gli investimenti giusti siano quelli che si vedono al polso. Un altro ha scosso la testa: "Ma cosa vai a studiare ancora? Non hai già imparato tutto quello che serve?"

Ecco, questa domanda mi ha fatto riflettere per settimane. Cosa spinge un uomo che ha "già fatto" la sua vita a sedersi tra studenti che potrebbero essere suoi nipoti? La risposta divide l'umanità in due categorie: chi considera la formazione un costo e chi la vede come l'investimento più redditizio che esista.

Nel primo gruppo ci sono quelli che a cinquant'anni smettono di leggere libri che non siano romanzi da ombrellone. Quelli per cui l'esperienza basta, per cui "ai miei tempi si faceva così" è un argomento valido, per cui investire migliaia di sterline in formazione è uno spreco quando puoi comprare qualcosa che "mantiene il valore".

Io appartengo al secondo gruppo. Quello dei predatori intellettuali.

Il paradosso dell'esperienza che diventa prigione

Trent'anni e passa di salti tra settori diversi mi hanno insegnato qualcosa di scomodo. L'esperienza, quella cosa che dovrebbe essere il mio tesoro più prezioso, rischia di diventare la mia prigione più subdola. Non perché sia inutile, ma perché mi convince di sapere già tutto quello che serve sapere.

L'ho visto accadere ai miei colleghi produttori musicali che si rifiutavano di imparare le nuove tecnologie digitali perché "la musica vera si fa con strumenti veri". Li ho rivisti tre anni dopo, disoccupati, mentre diciassettenni con laptop da 500 euro producevano hit da milioni di stream. L'ho vissuto nel mondo del fitness, con proprietari di palestre che liquidavano il marketing online come "una moda passeggera". Molti hanno chiuso durante la pandemia.

La formula è sempre la stessa: esperienza + arroganza = estinzione.

Perché la cultura è il mio moltiplicatore segreto

Seduto in quell'aula della LSE ho capito cosa so che altri non sanno. Viviamo nell'economia dell'attenzione, dove il valore non lo crea chi produce di più, ma chi connette meglio le informazioni. E per connettere serve cultura, quella vera, non le pillole da social media.

La cultura è l'unico moltiplicatore che funziona in tutti i settori che ho attraversato. Mi permette di vedere pattern che altri non vedono, di anticipare trend che stanno ancora nascendo, di tradurre concetti complessi in linguaggi che tutti capiscono. È il software che fa girare l'hardware della mia esperienza.

Quando aprivo palestre, la mia formazione economica mi faceva leggere i numeri diversamente dai concorrenti. Quando producevo dischi, la comprensione delle dinamiche di business mi aiutava a strutturare contratti che proteggevano gli artisti. Quando consulto aziende oggi, tre decenni di settori diversi mi danno una libreria di soluzioni che chi ha sempre fatto la stessa cosa non possiede.

L'investimento che non tradisce mai

Ecco il punto. Un Rolex tra vent'anni sarà sempre un Rolex. Potrà valere di più o di meno, ma resterà quello che è: un oggetto che segna il tempo. La conoscenza invece muta, si combina, genera nuove connessioni. È l'unico asset che aumenta di valore ogni volta che lo uso.

Non sto comprando un titolo di studio alla LSE. Sto acquistando un upgrade del mio sistema operativo mentale. Sto investendo nell'unica risorsa che nessuna crisi economica, nessuna rivoluzione tecnologica, nessun cambiamento di mercato potrà mai portarmi via.

E mentre i miei coetanei discutono di pensioni e acciacchi, io sto costruendo la versione più competitiva di me stesso. Non per necessità, ma per scelta. Non per disperazione, ma per passione. Perché ho capito che smettere di imparare significa iniziare a morire, anche se il cuore continua a battere.

La domanda che cambia tutto

Quindi eccoci qui, davanti alla domanda che separa chi cresce da chi invecchia: quando è stata l'ultima volta che hai imparato qualcosa che ha cambiato il tuo modo di vedere il mondo?

Se la risposta ti mette a disagio, forse è arrivato il momento di ripensare cosa significhi davvero investire nel futuro. Il Rolex può aspettare. La tua mente, no. E fidati di uno che alla mia età ha ancora la curiosità di un bambino: la conoscenza è l'unica ricchezza che nessuno potrà mai rubarti.