Un sogno al 37° piano

by Rollo


Un sogno al 37° piano

La razionalità è quella voce fastidiosa che sussurra consigli saggi mentre il cuore batte forte per desideri apparentemente irragionevoli. Eppure, a volte, sono proprio questi desideri a definirci meglio di qualsiasi algoritmo o foglio di calcolo potrebbe mai fare. Da tempo coltivavo un'idea, un pensiero ricorrente che scivolava tra le pieghe delle mie giornate dedicate all'intelligenza artificiale e alle strategie aziendali. Volevo un ufficio al One Canada Tower di Canary Wharf, precisamente al 37° piano. Non al 36°, non al 38°. Doveva essere il 37°, con quella vista particolare sulla città che avevo immaginato così tante volte.

La geografia del desiderio

Il One Canada Square, come viene formalmente chiamato, non è semplicemente un edificio. È un monumento alla verticalità umana, un'ambizione concretizzata in vetro e acciaio. Alto 235 metri, con la sua inconfondibile piramide sulla sommità, domina lo skyline londinese dal 1991. Quando fu completato, era l'edificio più alto del Regno Unito, un primato mantenuto per ben 18 anni, prima che arrivasse The Shard. Progettato dall'architetto César Pelli, questo colosso di 50 piani rappresenta il cuore pulsante del distretto finanziario di Canary Wharf, trasformato da vecchio porto commerciale in centro nevralgico dell'economia globale.

Il significato del 37

Perché proprio il 37° piano? Forse perché a questa altezza ci si trova in quella perfetta via di mezzo. Non troppo vicino alla terra da sentirne ancora il peso gravitazionale delle preoccupazioni quotidiane. Non troppo vicino al cielo da perdere il contatto con la realtà urbana che si muove sotto di noi. Da qui, Londra si rivela in tutta la sua complessità geometrica. Il Tamigi appare come un nastro argentato che si snoda tra edifici antichi e moderni. Il contrasto tra la City medievale e i grattacieli contemporanei diventa un affresco visibile di stratificazioni temporali.

La vista come metafora

Da questa altezza, le persone appaiono minuscole, formiche operose che seguono percorsi prestabiliti. Eppure ognuna di esse porta con sé un universo di pensieri, emozioni, desideri irrazionali come il mio. La vista dal 37° piano offre quella prospettiva che tanto cerco nel mio lavoro con l'intelligenza artificiale. Una visione d'insieme che non perde di vista i dettagli significativi. L'altezza giusta per vedere i pattern emergenti nella complessità urbana, proprio come i modelli predittivi rivelano tendenze nascoste nei dati apparentemente caotici.

Un capriccio consapevole

Lo chiamo capriccio, ma in realtà è una decisione ponderata nella sua apparente irrazionalità. Come consulente che lavora con algoritmi e sistemi decisionali basati su logica pura, ho imparato il valore paradossale dell'intuizione umana. Quella capacità di sentire che qualcosa è giusto prima ancora di poterlo dimostrare con i dati. L'ufficio al 37° piano non è solo uno spazio fisico, ma un manifesto personale. Un luogo dove l'intelligenza artificiale e quella naturale possono dialogare senza che una sovrasti l'altra.

La verticale interiore

L'edificio stesso è una metafora della mia nuova avventura imprenditoriale. Una società di consulenza che integra profondamente l'intelligenza artificiale nei processi decisionali e operativi delle aziende. Non come sostituto del pensiero umano, ma come sua estensione e amplificazione. Proprio come il One Canada Square ha trasformato il panorama londinese, così l'IA sta ridisegnando il paesaggio aziendale contemporaneo.

La saggezza dell'idraulico

Mi sono sempre identificato con quell'idraulico il cui rubinetto perde sempre. L'esperto che applica il suo sapere ovunque tranne che a casa propria. Conosco tutte le tecniche di debiasing cognitivo, potrei tenere seminari su come prendere decisioni razionali, eppure eccomi qui, a giustificare una scelta basata su un desiderio profondo più che su un'analisi costi-benefici. Ma forse è proprio questa la saggezza più profonda. Riconoscere che siamo esseri complessi, in cui la razionalità e l'emozione non sono nemici ma collaboratori in un dialogo continuo.

L'orizzonte come promessa

Dal 37° piano, l'orizzonte di Londra si estende fino a dove l'occhio può vedere. Nelle giornate limpide, la città sembra infinita, un organismo vivente che respira e si trasforma. È questa la vista che voglio per il mio compleanno. Non un oggetto da possedere, ma una prospettiva da abitare. Un promemoria quotidiano che il valore delle decisioni non risiede solo nella loro logica interna, ma anche nella loro capacità di risuonare con i nostri desideri più profondi.

La vertigine e il controllo

C'è sempre una leggera vertigine quando ci si affaccia da grande altezza. Una sensazione fisica che ricorda la fragilità umana. Eppure, al tempo stesso, si prova un senso di controllo, di dominio visivo sullo spazio. Questa dualità rispecchia perfettamente il mio rapporto con la tecnologia. Affascinato dalle sue possibilità, consapevole dei suoi rischi. Il 37° piano mi permetterà di mantenere questa duplice consapevolezza, questa tensione creativa tra meraviglia e cautela.

Ci vediamo lassù

Mentre si avvicina il giorno del mio compleanno e con esso la realizzazione di questo sogno verticale, rifletto sul significato dei desideri apparentemente irrazionali. Forse sono proprio questi a definirci meglio di qualsiasi algoritmo. La società che sto fondando lavorerà per integrare l'intelligenza artificiale nelle aziende, ma sempre ricordando che dietro ogni decisione algoritmicamente ottimizzata c'è un essere umano con i suoi desideri, le sue paure, i suoi capricci. Come il mio ufficio al 37° piano del One Canada Tower, che mi aspetta come testimonianza silenziosa che, a volte, la saggezza più profonda sta nel riconoscere il valore dei nostri sogni apparentemente irragionevoli.