Costruire su terreno affittato

by Rollo


Costruire su terreno affittato

Ieri su un gruppo WhatsApp di marketing è nata una discussione riguardo a LinkedIn. Il tema: la piattaforma sta diventando sempre più invasa da pubblicità, diretta o mascherata, al punto da rendere difficile distinguere contenuto genuino da contenuto promozionale. "È diventato uguale a tutti gli altri", commentava qualcuno con rassegnazione.

La cosa interessante non è la lamentela in sé. È che questa conversazione la sento ciclicamente da almeno vent'anni, semplicemente con nomi di piattaforme diversi. MySpace che diventa troppo commerciale. Facebook che perde "autenticità". Instagram che si riempie di pubblicità mascherata da influencer. TikTok dove ogni video è piazzamento di prodotto camuffato.

Non è un difetto. È la caratteristica inevitabile di ogni spazio comune dell'attenzione.

Quando tutti possono urlare, tutti urlano

Osserviamo cosa succede strutturalmente a ogni piattaforma sociale nel suo ciclo di vita. Inizia con promessa di "comunità autentica" o "connessione reale". Nei primi mesi, pochi primi utilizzatori, copertura organica alta, conversazioni genuine. Poi arriva la massa. Poi arrivano i marchi. Poi arrivano i fuffaguru, quando probabilmente a loro è andata bene per caso o non lo sanno affatto ma millantano conoscenza intima degli algoritmi, come se li avessero scritti loro. Ma polemica a parte, a quel punto il gioco cambia completamente.

Quello che era uno spazio di conversazione diventa un mercato dell'attenzione. E nei mercati dell'attenzione, quando tutti possono competere, l'unico modo per emergere diventa escalation continua. Contenuti più sensazionali, titoli più acchiappa-click, frequenza più alta, ottimizzazione più aggressiva. Il rapporto segnale-rumore crolla per una ragione sistemica, non per cattiveria degli attori individuali.

È lo stesso meccanismo della radio italiana negli anni '70. Frammentazione selvaggia, chiunque poteva trasmettere, cartomanti che vendevano servizi dubbi, pubblicità mascherata ovunque. Tutti potevano parlare, quindi tutti parlavano, e il risultato finale era rumore indistinto. Non perché i singoli trasmettitori fossero incompetenti, ma perché la struttura stessa produceva quel risultato.

L'analogia più precisa che mi viene in mente sono i negozi medievali versus i mercati di piazza. Sulla piazza tutti urlano le loro merci, competono per volume, cercano di attirare passanti distratti. Nel negozio, chi entra ha già deciso di investire tempo e attenzione, e il commerciante può mostrare qualità invece che solo visibilità.

Due giochi completamente diversi

Qui serve fare una distinzione netta perché parliamo di architetture dell'attenzione strutturalmente opposte.

I social media sono progettati per visibilità rapida. La loro funzione primaria è "prova di esistenza": dimostri che esisti, che sei presente, che hai qualcosa da dire. Tocchi tante persone superficialmente. È quello che il sociologo Mark Granovetter chiamava "legami deboli": connessioni numerose ma poco profonde. Il carico cognitivo richiesto è minimo, veloce, emotivo. Il risultato tipico è "ho sentito parlare di questa persona" ma raramente "vado a cercare attivamente il suo pensiero quando devo risolvere problemi complessi".

Il territorio proprietario, blog, newsletter, piattaforme di proprietà, opera con logica opposta. La funzione primaria è dimostrazione di profondità. Non tocchi molte persone, ma quelle che tocchi sviluppano connessioni più forti nel tempo. Sono "legami forti": meno numerosi ma più densi. Il carico cognitivo è alto, lento, analitico. Il risultato è "cerco questa qualità di analisi quando le mie decisioni hanno conseguenze serie".

Confondere questi due meccanismi è l'errore strategico più comune che vedo. È come usare un martello per avvitare: tecnicamente possibile, ma stai usando lo strumento completamente sbagliato per il lavoro.

L'arbitraggio che funziona davvero

Guardando casi attraverso settori diversi, accademia, affari, arte, politica, emerge una sequenza che regge scrutinio empirico.

Usa i social come vetrina, non come negozio. Pensa all'analogia di Times Square: non tieni un seminario di filosofia politica in mezzo alla piazza mentre competi con mille cartelloni luminosi. Metti un cartellone abbastanza interessante da invitare le persone al tuo teatro privato due isolati più in là.

La maggioranza dei passanti ignora il cartellone. Di chi si ferma a guardare, solo una frazione decide di camminare fino al teatro. Questa è la frizione del costo: nel linguaggio dell'economia comportamentale, ogni cambio di contesto richiede sforzo cognitivo e decisione di fiducia. Tassi di conversione realistici sono 2-5% nei migliori scenari, spesso molto meno.

Ma chi arriva al teatro ha auto-selezionato per interesse genuino. Ha investito sforzo per superare la frizione. E dentro il teatro, hai monopolio temporaneo della loro attenzione completa. Puoi fare profondità impossibile sulla piazza.

Questo non è "evitare" gli algoritmi o "aggirare" il sistema. È sfruttamento tattico della loro portata accettando consapevolmente il costo della conversione. Paghi due volte: prima con sforzo su social per visibilità algoritmica, poi con enorme calo nella conversione verso territorio proprietario. Ma quello che ottieni dall'altra parte è qualcosa di strutturalmente diverso.

Perché il tempo lavora per te, non contro

La differenza fondamentale tra i due sistemi è come accumulano valore nel tempo.

Presenza solo-social decade. Ogni post ha vita di ore o giorni. Gli algoritmi cambiano e la tua copertura crolla da un giorno all'altro. Le politiche della piattaforma cambiano e ti svegli bannato senza appello. La tendenza culturale cambia e diventi irrilevante. Tutto quello che hai costruito dipende da meccanismi completamente fuori dal tuo controllo. Stai costruendo castello su terreno affittato dove il proprietario può cambiare regole o chiudere il terreno quando vuole.

Territorio proprietario accumula. Ogni contenuto si aggiunge a un archivio che cresce. L'ottimizzazione per i motori di ricerca si compone nel tempo. La lista email è risorsa che possiedi indipendentemente da cosa succede alle piattaforme esterne. Quando Facebook esplode o TikTok diventa il nuovo MySpace, hai già canali alternativi. Il valore non evapora, si stratifica.

Ma attenzione critica: questo funziona solo se il contenuto proprietario è genuinamente superiore a quello social. Se usi i social come esca sensazionalista e poi il risultato sul territorio proprietario è mediocre, hai creato aspettativa e poi l'hai delusa. Hai fatto peggio che non fare niente. Stai distruggendo credibilità invece che costruirla.

L'investimento asimmetrico che emerge dai dati

Basandomi su schemi osservati attraverso casi reali, non su teoria astratta, c'è una distribuzione di sforzo che appare costantemente nei casi di successo.

Circa 20% dello sforzo va su social: presenza curata, provocazione strategica, invito chiaro ad approfondire. Non ottimizzazione ossessiva per coinvolgimento o diffusione virale. Solo campionamento efficace del tuo miglior pensiero con reindirizzamento evidente verso territorio proprietario.

Circa 80% dello sforzo va su proprietario: contenuti che dimostrano profondità reale, strutture utilizzabili, comprensioni che giustificano lo sforzo cognitivo di cambiare piattaforma. Qualità che fa dire "ecco perché valeva il click". E non tiratemi fuori il solito Pareto, che non c'entra niente e nemmeno ha mai enunciato la bizzarra Regola del 80/20.

Questa asimmetria è controintuitiva per molti perché i social danno riscontro immediato. Mi piace, commenti, condivisioni. Scarica di dopamina istantanea che rinforza il comportamento. I media proprietari richiedono mesi per vedere presa. Ma è proprio questa differenza temporale che crea la barriera protettiva reale. Chi ha pazienza per l'accumulo composto vince su chi insegue scariche di dopamina.

Dove il sistema collassa

Ho visto questo approccio fallire in modi prevedibili. Vale la pena mappare gli schemi di fallimento.

Tutto su social: costruisci completamente su piattaforme che non controlli. Quando cambiano regole o decadono, il valore evapora. Vedi MySpace, Google+, Vine. Stai ottimizzando per algoritmo invece che per qualità intrinseca del tuo pensiero. La piattaforma ti può cancellare domani e anni di lavoro spariscono.

Solo territorio proprietario: problema di scoperta insormontabile. Come ti trova il tuo obiettivo se sei solo sul tuo blog nascosto? Avvio a freddo difficilissimo. Effetti di rete completamente assenti. Finisci a parlare nel vuoto per mesi o anni prima di vedere presa, se mai la vedi.

Investimento uguale su entrambi: diluizione classica delle risorse. Non raggiungi massa critica né su social né su proprietario. Confusione su quale misura ottimizzare. Finisci mediocre su entrambi i fronti invece di eccellente dove conta.

Disallineamento tra promessa e consegna: quello che prometti su social è molto superiore a quello che consegni su proprietario. Clicco il collegamento, arrivo sul blog, penso "potevo leggere questo direttamente su LinkedIn". Non solo non costruisce credibilità, la distrugge attivamente perché hai violato una promessa implicita.

Come sapere se sta funzionando

Servono criteri empirici per valutare se questa struttura produce risultati nel tuo contesto specifico, non impressioni soggettive o pensiero desiderante.

Dopo tre mesi di applicazione sistematica dovresti vedere: tasso di conversione dal social verso proprietario tra 2-5% come riferimento base, mantenimento sul contenuto proprietario superiore alla media del settore misurato in tempo di lettura e visitatori di ritorno, qualità del pubblico valutata dal tipo di domande, commenti, coinvolgimento che ricevi.

Se la conversione è sotto 1%, qualcosa nell'esca non funziona. O prometti troppo poco o il tuo obiettivo non è su quella piattaforma o stai usando linguaggio sbagliato. Se la conversione è buona ma il mantenimento su proprietario è basso, il problema è qualità del contenuto che non giustifica il click. Se entrambe le misure sono buone ma il pubblico è di bassa qualità, stai attraendo persone sbagliate con tipo sbagliato di esca.

Non implementare questa struttura dogmaticamente. Testala empiricamente contro la tua realtà. Se dopo sei mesi i numeri non convincono, hai imparato qualcosa di prezioso: questo approccio non funziona per il tuo contesto specifico. Meglio saperlo presto che persistere per anni su strategia sbagliata bruciando risorse.

Lo stesso gioco con pezzi diversi

Quello che trovo affascinante è come questo non sia schema nuovo. È architettura che emerge in ogni epoca con tecnologie diverse, ma meccanismo sottostante identico.

Nel medioevo, l'autorevolezza veniva da università e monasteri. Territori recintati dove controllavi l'ambiente cognitivo e richiedevi profondità da chi entrava. La "piazza" era il mercato fisico dove potevi forse attirare attenzione, ma autorevolezza vera si costruiva nel territorio protetto.

Nell'era della trasmissione, chi aveva accesso a televisione o giornali costruiva visibilità ma i veri leader di pensiero pubblicavano libri e articoli. Media proprietari che richiedevano impegno temporale serio dal lettore e permettevano profondità impossibile in trenta secondi di televisione.

Oggi la tecnologia è diversa ma la struttura è identica. Social per campionamento, proprietario per coltivazione. La forma cambia, il meccanismo sottostante rimane costante attraverso i secoli.

Anche le università oggi operano con questa logica. Lezioni aperte e conferenze per visibilità, ma il lavoro serio succede nei seminari e negli articoli dove l'accesso è più filtrato e la profondità è possibile. Chi confonde i due livelli finisce a fare né buona divulgazione né buona ricerca.

Costruire per durare

Gli algoritmi cambieranno. Le piattaforme nascono, crescono, decadono, muoiono. Le tendenze culturali vanno e vengono. Ma alcuni principi strutturali restano costanti.

Autorevolezza duratura richiede territorio dove controlli le regole del gioco. Dove puoi chiedere attenzione sostenuta invece di sguardi rapidi. Dove accumuli nel tempo invece di ricominciare da zero ogni giorno. Dove non sei in balia di decisioni di responsabili di prodotto in Silicon Valley che non sanno nemmeno che esisti.

I social hanno ruolo, ma è ruolo tattico non strategico. Sono strumento di scoperta, non di coltivazione. Vetrina, non negozio. Punto di assaggio, non archivio. Quando li usi per quello che sono buoni, funzionano benissimo. Quando cerchi di farne qualcosa che non sono, ti trovi a costruire su sabbia.

Il principio operativo che emerge da questa analisi è semplice nella formulazione, difficile nell'esecuzione costante: costruisci dove possiedi, campiona dove affitti. Non confondere mai i due giochi. Non aspettarti che uno faccia il lavoro dell'altro. E non sorprenderti quando il proprietario cambia le regole del terreno che ti ha affittato.

Se stai costruendo per durare oltre il social media del momento, sai già dove mettere le fondamenta.

Iscriviti alla newsletter The Clinical Substrate

Ogni venerdì, pattern recognition attraverso i layer che altri non vedono.